La terra dell’abbastanza: opera prima dei fratelli D’Innocenzo

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di Assunta Giordano

Opera prima per i fratelli-registi D’Innocenzo così come per i due giovani protagonisti: Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti.

Mirko e Manolo, due giovani romani, amici fraterni, investono involontariamente un pentito di un clan criminale, uccidendolo e, senza averne completa coscienza, si ritrovano coinvolti in una realtà che non tarderà a sopraffarli.  Il senso generale non è una grossa novità: riuscire a uscire dalla periferia della vita e della città attraverso la malavita.

Di storie così ne abbiamo viste, ne abbiamo lette, eppure in questa c’è qualcosa di particolarmente spietato, ai margini dei nostri amati stereotipi.  Manolo e Mirko sono soltanto due adolescenti che si arrampicano nella vita con quello che rimane delle proprie famiglie, hanno un lavoretto,vanno a scuola, vivono i primi amori, ma soprattutto contano l’uno sull’altro. Ecco perché l’accidentale omicidio del pentito, che agli occhi dei ragazzi appare come un’occasione di riscatto diventa, in realtà,un’incudine che pende su di loro.

Affrontano una nuova fase della vita con fame, aggressività adolescenziale e voglia di dimostrare -soprattutto a se stessi- di poter avere dalla vita molto più delle briciole che si sono ritrovati. Sono pervasi dall’arroganza legata a quell’età che tutti noi conosciamo, convinti di poter affrontare e gestire ogni tipo di situazione senza troppi sforzi e, soprattutto, senza necessariamente pagarne le conseguenze.  La loro amicizia, che era una finestra limpida da cui entrava un po’ di luce nello scantinato delle loro vite, diventa un vetro appannato, crepato: non riescono più a comunicare tra loro né a trovare cinque minuti per ricordarsi quando le nostre vite cambiano in maniera radicale e noi rimaniamo in silenzio, in realtà quella calma apparente ci sta dilaniando.

Le scene più dolorose del film sono avvolte in un silenzio tale, avvengono con una velocità così disarmante, che si rimane increduli; lo spettatore stesso arriva a chiedersi: come ho potuto non accorgermi di quel che stava per accadere? Quando le storie vengono raccontate con questo tipo di semplicità, senza essere banali, quando si riesce a creare dei personaggi credibili con cui facilmente riusciamo ad entrare in un rapporto di empatia, siamo di fronte ai capolavori della trasposizione cinematografica.

 

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