Oggetto di numerose ricerche e studi da parte delle più importanti università e centri di ricerca internazionali: le microalghe posseggono alcune particolarità che le rendono molto interessanti sotto vari punti di vista.
Si tratta di organismi unicellulari dotati di una considerevole efficienza fotosintetica. Questi ci forniscono circa il 50% dell’ossigeno che respiriamo grazie al fatto che ogni singola cellula microalgale è fotosinteticamente attiva, cosa che non accade nelle piante poiché soltanto una parte del loro corredo cellulare è adibita alla fotosintesi. Questo fa delle microalghe dei validissimi convertitori di energia solare capaci di utilizzare grandi quantità di CO2 che come sappiamo è un pericoloso gas serra.
Dato che le microalghe costituiscono il fitoplancton, che nella piramide alimentare rappresenta il primo gradino (si tratta di specie autotrofe appunto perché fotosintetiche), e dato che possono riprodursi in modo molto veloce, esse hanno un potenziale molto elevato rappresentando così una specie biologica di grande interesse, forse l’unica su cui ad oggi si cerca di investire grandi somme di denaro (non abbastanza).
Al mondo sono state scoperte circa 30000 specie e si stima che queste siano soltanto una piccola percentuale di quelle realmente esistenti. Ogni specie possiede una diversa composizione biochimica che può variare, anche all’interno dello stesso ceppo, a seconda dell’ecosistema e delle condizioni di crescita. Questa speciale particolarità, frutto di continui e meravigliosi adattamenti, è stata a lungo studiata e sfruttata dai diversi settori della scienza, come la nutraceutica, la cosmetica e più in generale il settore delle bioraffinerie, per la produzione mirata di particolari “biochemicals” come gli acidi grassi omega-3, i pigmenti, particolari proteine o amminoacidi. Molto però rimane ancora da scoprire e sicuramente saranno necessari molti anni di ricerche e sviluppo per conoscere e utilizzare al meglio le potenzialità dei numerosi ceppi presenti nei diversi ecosistemi.
L’essere umano, di per sé, produce difficilmente alcune sostanze importanti per il proprio sostentamento. Alcuni acidi grassi, come per esempio l’EPA (acido eicosapentaenoico) che fa parte della famiglia degli omega-3, nell’uomo vengono sintetizzati a partire da un altro acido grasso chiamato α-linolenico attraverso l’azione di alcuni enzimi (desaturasi ed elongasi). È stato dimostrato che questa reazione però è molto inefficiente e pertanto l’uomo è costretto ad integrare questi nutrienti attraverso la dieta.
Sebbene l’olio di pesce sia un’ottima fonte di queste sostanze, è sempre più evidente la necessità di ricorrere, per un futuro più ecosostenibile, ad altre fonti come appunto le microalghe. Come già accennato, esse hanno la capacità di provvedere autonomamente al proprio fabbisogno nutritivo e alla sintesi di alcune sostanze ad alto valore aggiunto. Gli acidi grassi polinsaturi della serie ω-3 giocano un ruolo chiave nella prevenzione e nel trattamento di numerose malattie e disturbi umani e sono stati riconosciuti come degli importanti elementi di un corretto regime alimentare. L’EPA in particolare, aiuta a prevenire l’arteriosclerosi e alcuni disturbi cardiovascolari, abbassando i livelli di colesterolo e trigliceridi nel plasma. Gli acidi grassi ω-3, infatti, aumentano il rapporto tra le lipoproteine ad alta densità (HDL) e le lipoproteine a bassa densità (LDL) andando a diminuire l’indice colesterolo totale/HDL. Inoltre, sono stati dimostrati effetti benefici sul sistema nervoso: nelle donne in gravidanza, infatti, un adeguato apporto di acidi grassi della serie ω-3 ha dimostrato effetti positivi sullo sviluppo del cervello del feto. Da tempo è stata anche documentata una possibile applicazione dell’EPA come agente antitumorale. Questi benefici si devono al fatto che l’EPA, assieme al DHA, acido docosaesaenoico, il quale fa parte anch’esso della famiglia degli ω-3, sono i precursori nella sintesi delle prostaglandine, leucotrieni, trombossani e resolvine, che legano specifici recettori proteici nella risposta cellulare alle infiammazioni, vasodilatazioni, pressione sanguigna, dolore, febbre, e infine si sono dimostrati fondamentali per alleviare le manifestazioni dolorose delle malattie reumatiche.
Uno dei settori in cui le microalghe sono già da tempo utilizzate con enormi benefici è quello dell’acquacoltura, in cui spesso viene utilizzato un liofilizzato di microalghe come aggiunta all’alimentazione dei pesci, aumentando così il loro contenuto di acidi grassi essenziali ω-3. Sempre riguardo l’acquacoltura, alcuni studi hanno dimostrato che le microalghe si comportano anche da eccezionale filtro biologico per le acque reflue degli stessi impianti d’acquacoltura potendo così garantire un riciclo delle acque e una funzionale crescita microalgale destinata alla successiva alimentazione ittica.
Anche la NASA, in vista delle future missioni spaziali, si è interessata a questo particolare mondo, in particolare per la produzione di biocarburanti cosiddetti di “terza generazione” per l’alimentazione dei dispositivi spaziali oltre che per la produzione teoricamente infinita di ossigeno, all’interno degli ambienti delle navicelle.
La coltivazione delle microalghe non richiede particolari attenzioni e manodopera ma non si può dire lo stesso del processo di estrazione e raffinazione dei biochemicals. La processazione della biomassa, infatti, risulta ancora macchinosa ed eccessivamente costosa e pone un decisivo freno all’altrimenti velocissima ascesa di questo settore.
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