La lotta al Coronavirus sta per entrare nella fase 2. Per stabilire quali aziende devono o meno riaprire, si è innanzitutto valutato il cosiddetto ‘rischio integrato‘ per i lavoratori. Cerchiamo quindi di capire in cosa consiste questo parametro e quali categorie di lavoratori sono considerate più o meno a rischio in caso di riapertura.
Coronavirus fase 2: si valuta il rischio
Il rischio integrato è un indice che, tenendo conto di diversi fattori riguardanti il modo in cui i lavoratori devono svolgere il loro lavoro, quantifica la possibile esposizione al coronavirus. La lista dei 97 settori produttivi interessati da questo studio, compilata dall’INAIL in base ai codici Ateco e validata dal Comitato tecnico Scientifico, è stata quindi in tre fasce di rischio: basso rischio (verde), medio rischio (giallo) e alto rischio (rosso).
Basso rischio
Ben 49 attività su 97 sono state valutate come a basso rischio integrato. Tra queste troviamo: la pesca, l’agricoltura, le attività minerarie, le imprese edili e tutta l’industria manifatturiera, che comprende anche quella alimentare, chimica, tessile, metallurgica, del legno, della pelle e della carta. Incluse anche la fabbrizione di computer, auto e arredi, così come l’editoria, l’industria cinematografica, le agenzie immobiliari e di viaggio e le biblioteche. Data questa valutazione di basso rischio, queste attività potrebbero essere tra le prime a riaprire.
Rischio medio
Passando alle attività a medio rischio troviamo quasi tutti i settori commerciali, come la ristorazione, le attività sportive (palestre), i luoghi di istruzioni (scuole, università), i trasporti (bus, treni, navi). Anche tutti i lavoratori impegnati nella manutenzione di reti fognarie, nell’assistenza sociale residenziale, nei servizi alla persona e alla casa (bandanti, collaboratori domestici) e nel gioco d’azzardo rientrano in questa categoria.
Rischio alto
A più alto rischio sono invece il trasporto aereo e l’assistenza sociale e sanitaria non residenziale. Queste attività, per quanto non siano state sospese neanche durante la ‘fase 1’, sono comunque state riconosciute come ad alto rischio e quindi da riguardare in maniera particolare.
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