Non tutti sanno che l’Amuchina, in questo periodo oggetto del desiderio degli italiani e al tempo stesso introvabile anche se più cara di sempre, è un prodotto made in Sud, frutto del genio e dell’intuizione di Oronzio de Nora.
L’ingegnere elettrotecnico pugliese, nacque ad Altamura nel 1899, ma dopo gli studi si trasferì a Milano dove nel 1922 si laureò in ingegneria al Politecnico di Milano.
Durante la sua tesi di laurea approfondì le proprietà dell’elettrolisi dei cloruri alcalini e nel 1924 fondò la sua ditta, la De Nora, specializzata nella produzione di cloro e soda caustica.
Nel 1923 brevettò l’Amuchina, il potente antibatterico ottenuto dall’ipoclorito di sodio diluito in acqua. Il suo nome deriva dalla combinazione del termine greco “ferita” (muche) con l’aggiunta di un’alfa privativa (a-muchina ossia “senza ferita”).
In seguito cedette il brevetto ad un’altra azienda (oggi Angelini Pharma) per dedicarsi ad altre idee e progetti.
L’ingegner De Nora divenne famoso in tutto il mondo e riuscì con la sua azienda ad affermarsi anche nel difficile e complesso mercato giapponese (prima azienda italiana a farlo), tra i suoi clienti grandi nomi della chimica, come Bayer e Solvay.
L’Amuchina iniziò ad essere prodotta con lo scopo di combattere la tubercolosi, ma dagli anni ’40 fu utilizzata per la disinfezione delle acque potabili, fino ad arrivare a noi oggi in bottiglie per disinfettare superfici e lavare alimenti, o nella sua versione “gel” per le mani, diventata quasi un “simbolo” dell’emergenza coronavirus.
[adrotate group="4"]